RE’VIEW: MGMT – “Loss of Life” (recensione album)
Lascia un commento23 febbraio 2024 di Fabrizio Re'Volver Daquino
Il duo americano torna ispirato in un album di pop psichedelico patinato e straordinariamente melodico.

Sarebbe stato più facile per una band come gli MGMT, che inizialmente si è guadagnata la fama grazie agli inni sul vivere velocemente e sul morire giovani, mantenere uno stile simile anche per il nuovo progetto. Ma in “Loss of Life” (che, vale la pena notare, è il primo album della band non uscito su una major) sono stati interessati a mostrare un’introspezione più complessa. Già a partire dalla sua apertura, con la “Parte 2” della title track, come a stabilire fin dall’inizio che questo album è pensato per essere guardato attraverso lo specchietto retrovisore.
Il duetto con Christine and the Queens in “Dancing in Babylon”, potrebbe inserirsi perfettamente nella colonna sonora di un blockbuster degli anni ’80, se non fosse liberamente decorato con tastiere che si incrociano e si piegano con rumori stonati e crepitanti; in “Mother Natura” si può sentire tutta l’influenza degli Oasis.
L’appeal più soddisfacente di “Loss of Life”potrebbe essere il ponte strumentale di “Nothing Changes”, una potente ballad di sei minuti e mezzo la cui prospettiva a prima vista sembra nichilistica come indicherebbe il titolo. Il narratore sembra intrappolato in un ciclo infinito di cattive abitudini, proprio come noi iniziamo a sentirci intrappolati nel ciclo infinito di accordi solennemente strimpellati della canzone. Ma subito dopo aver insistito per l’ennesima volta sul fatto che nulla cambierà, tutto cambia: la tonalità musicale, la strumentazione, le sensazioni che evoca. Appare un corno francese, poi alcuni sintetizzatori che suonano armonie hip jazz, e all’improvviso non ci troviamo più in una power ballad, ma in un delizioso pezzo di lounge pop bacharachiano, irradiato da qualche groovy alternativo.
Ma gli MGMT sostengono che “Loss of Life” non è un disco del tutto triste o nichilista. Anche se scambia il synth-pop psichedelico di “Little Dark Age” con un approccio più semplificato, da cantautore anni ’70, il concetto di amore ritorna come uno dei principi guida della band. Il disco è intriso di quella dolcezza sufficiente che, nel momento in cui raggiunge il suo messaggio generale – “niente ti prepara alla perdita della vita” – non ti fa solo venire voglia di prepararti, ma ti rende anche entusiasta di farlo.

In effetti, “Loss of Life” copre una quantità sorprendente di terreno musicale in 45 minuti: c’è di tutto, da David Bowie dell’era Ziggy su “Bubblegum Dog”, il pezzo più forte e stravagante, al flirt di “Nothing to Declare” con il folk alla Simon & Garfunkel. Non suona mai come un omaggio esplicito, in parte perché tutto viene alimentato attraverso il filtro psichedelico della band, densamente imbrattato di elettronica al limite del caos e improvvise, disorientanti esplosioni di eco.
“Loss of Life” raggiunge un equilibrio perfetto tra stranezza e pop nel modo più impressionante di qualsiasi altro album degli MGMT dal loro debutto.
