RE’VIEW: Pet Shop Boys – “Hotspot” (recensione album)
Lascia un commento31 gennaio 2020 di Fabrizio Re'Volver Daquino
“Hotspot” è il quattordicesimo album in studio del duo inglese che ripropone basi synth tra pop ed elettronica. Con una strizzatina d’occhio alle atmosfere berlinesi.
Recensire un album dei Pet Shop Boys per me è sempre un piacere, perchè in un certo senso costituiscono la costante musicale in un panorama musicale in continuo mutamento. Trascorrono i decenni ma Tennant e Lowe rimangono fedeli a se stessi e al mondo che sono riusciti a edificare nei loro quarant’anni di carriera.
“Hotspot” aggiunge al suo corpo anche un’anima berlinese, fatta di citazioni e riferimenti musicali provenienti dalla capitale tedesca. Il disco è stato infatti registrato presso gli storici Hansa Tonstudio di Berlino (dove un certo David Bowie ha registrato una canzonetta dal titolo “Heroes“). L’album si apre con “Will-Of-The-Wisp”, che narra di una corsa in metro (“The U1 is such a party train / From Uhland to Warschauerstraße / Emerging from below past Nollendorfplatz”), mentre un particolare della stazione metro di Alexanderplatz compare nella copertina del singolo “Dreamland“.
Ed è proprio “Dreamland” una delle tracce più riuscite del progetto, dove i Pet collaborano con la loro controparte giovanile, gli Years And Years. Il brano racchiude tutta la loro leggerezza pop insieme alla eurodance, loro marchio di fabbrica che ritroviamo anche in “Happy People” e “Monkey Business“. Ma “Hotspot” non è solo dancefloor: il disco è pervaso anche da una forte componente nostalgica rappresentata al suo meglio in brani come “Burning the Heater” e “Hoping for a Miracle“.
I Pet Shop Boys sono una delle poche band esplose negli anni ’80 e sopravvissute al nuovo millennio, capaci di trascinare con se negli anni un gran numero di fedeli seguaci e di guadagnarsi una gran fetta di nuovi sostenitori cresciuti nell’era dello streaming e dei social network. Risultato raggiunto grazie alla capacità del duo di non mutare la produzione musicale ma aggiungere nuove forme al processo creativo.